La scomparsa di Luigi Caccia Dominioni

Una breve rassegna stampa sulla scomparsa dell’arch. Luigi Caccia Dominioni, nostro Ex-Alunno – maturità classica 1931

TUTTOLEONE

Un Amico è tornato lassù
– di P. Uberto Ceroni

Se apriamo il catalogo dei nostri Ex Alunni troviamo come primo elenco quello relativo agli studenti della maturità 1931. Il primo nome è Luigi Caccia Dominioni.

Ma questo non è ora solo un ricordo del Leone dei tempi passati: è un commosso addio ad un uomo che ha raggiunto la luce dell’eternità il 13 novembre scorso, dopo una vita di creatività e di donazione.

Con la sua morte, Milano e l’Italia hanno perso un grande architetto, che sempre ha saputo cogliere, nella realtà in evoluzione, l’ispirazione a realizzare valori civili e familiari, vissuti con mirabile armonia nel tempo attuale.

La sua sensibilità era profonda, sia nella valutazione della situazione odierna, sia nello sviluppo degli aspetti che realizzano integralmente l’uomo, non solo in una visione di vita sociale, ma anche religiosa.

La sua vita ha sempre avuto un senso profondo di vita cristiana e di attesa di un incontro luminoso con la realtà accogliente del principio eterno.

Noi del Leone non possiamo dimenticare quanto ha fatto per il nostro Istituto con amore e concretezza educativa (basti pensare alla facciata del nostro Istituto!) e lo pensiamo lassù come un protettore che sempre ci ama.

ANSA

E’ morto l’architetto Luigi Caccia Dominioni, uno dei protagonisti della ricostruzione nel dopoguerra a Milano. Avrebbe compiuto 103 anni il prossimo 7 dicembre.
Il funerale si svolgerà il 15 novembre alle 11 nella basilica di Sant’Ambrogio, che è proprio accanto alla sua casa di famiglia, che fece ricostruire dopo che venne bombardata durante la guerra.
Fra i suoi lavori la ristrutturazione interna della biblioteca e della pinacoteca Ambrosiana, il raccordo fra la chiesa di San Fedele e la Chase Manhattan Bank di piazza Meda a Milano, a Montecarlo il Parc Saint Romain, oltre a una serie di edifici residenziali (a partire da quello di via Nievo) e opere di design.

ILGIORNALE

Caccia Dominioni, l’architetto poco star e molto borghese
Concreto, elegante, «artigianale»: contribuì a ricostruire (e rinnovare) la Milano del boom

Come era lontana la figura di Luigi Caccia Dominioni, scomparso ieri sulla soglia dei 103 anni, da quella attuale delle archistar che tanto parlano, teorizzano, espongono alle mostre e non costruiscono.

Personaggi che aspirano a essere trattati come vip, lontani dalla concretezza cui lui andava perseguendo una disciplina onesta. Si autodefiniva, per contro, «architetto di pianta», sempre attento alle esigenze di chi poi uno spazio lo avrebbe abitato o usato per lavoro.

Con lui se ne va oltre un secolo di cultura milanese, la sintesi del Novecento, quella del pragmatismo che non diventa rigore e dello stile mai banale né capriccioso. Luigi Caccia Dominioni, ovvero l’architetto della borghesia, una classe sociale che in Italia stenta a riconoscersi nell’arte del costruito, per un Paese da sempre sbilanciato verso la memoria del classico. E soprattutto, l’architetto della ricostruzione dopo la seconda tragedia bellica, di quegli anni ’50 in cui i nostri genitori assistettero, e qualcuno fu protagonista, al passaggio da realtà periferica e agricola a industriale e metropolitana.

E Milano fu la città pilota di tale rinnovamento con l’architettura certo, ma anche il design, l’editoria, l’arte visiva e in special modo la pittura astratta. E di quella Milano, alle soglie del boom economico e appunto della formazione di una nuova classe sociale che aspirava più alla ricchezza materiale che non al blasone – come la filmò Michelangelo Antonioni nel suo capolavoro, La notte (1961) – Caccia Dominioni fu l’interprete più autentico di uno stile mai in declino né sensibile alla moda.

Nato il 7 dicembre 1913 da una famiglia nobile meneghina originaria di Novara, Luigi Caccia Dominioni si laurea nel 1936 al Politecnico e lo stesso anno apre uno studio con Livio e Piergiorgio Castiglioni, suoi compagni di corso. Poco più che ventenne dunque partecipa a diverse edizioni della Triennale e in particolare nel 1940 presenta il radioricevitore Phonola a cinque valvole, esempio di stile modernista coniugato alla ricerca tecnologica. Nel palazzo in cui era nato, a piazza Sant’Ambrogio, bombardato in tempi di guerra, decide di far sorgere il proprio studio dopo aver restaurato l’edificio secondo il gusto già sviluppato della geometria e della sobrietà. Nel ’47 fonda la società Azucena insieme a Ignazio Gardella e Corrado Corradi dell’Acqua, specializzata nella produzione artigianale di oggetti di design. E riteneva infatti la maestria e la perizia esecutiva un valore aggiunto, un patrimonio da non perdere, rispetto al gusto del presente così standardizzato. Ricordando quegli anni, raccontava di recente: «Ero giovane, più potevo contare su artigiani bravi, più ero giovane, più facevo disegni buoni, ma non bellissimi; l’artigiano correggeva e le cose riuscivano molto belle. Adesso mi sembra di fare delle cose belle, e mi sembra che non riescano così belle, perché l’artigiano le tradisce in negativo. Comunque io ho la fortuna di trovare ancora artigiani bravi, sono vecchio, conosco tanta gente e mi appoggio a quelli bravi. Nel nostro lavoro, per raggiungere un ottimo risultato non basta essere bravi, bisogna saper costruire una buona squadra».

Basterebbe guardare con più attenzione le città in cui viviamo per accorgerci, ad esempio, che esiste una Milano di Caccia Dominioni. E allora un ideale itinerario potrebbe partire ovviamente da Sant’Ambrogio e poi in piazza Carboni, Piazza Meda e, sempre a Milano, la risistemazione di Piazza San Babila, la casa Pirelli, via Massena, via Nievo e il complesso residenziale San Felice, quest’ultimo progettato con Vico Magistretti. Nel 1975 si trasferisce nel Principato di Monaco per seguire la costruzione del grattacielo di Parc Saint Roma. E quindi prosegue con il design: il divano e la poltrona Toro, la maniglia Cristallo, la lampada Monachelle.

La sua idea di architettura, che stride col nostro presente, era pensata «come servizio per fare case serie che nascano dall’interno, come un’automobile deve nascere dal telaio e dal motore, non dalla carrozzeria». Di sé, più sincero che malizioso, diceva di essere «una brava persona, semplice, che cerca di lavorare bene».

IL SOLE 24 ORE

Addio a Luigi Caccia Dominioni, grande architetto, designer e urbanista
–di Silvia Sperandio  13 novembre 2016

È morto all’età di 102 anni Luigi Caccia Dominioni, l’architetto della Milano della ricostruzione nel Dopoguerra. Architetto, designer, urbanista, era nato nel capoluogo lombardo il 7 dicembre 1913 e da giovane aveva studiato, fino al liceo classico, all’Istituto Leone XIII di Milano, retto dai Gesuiti.

Nel 1931 l’iscrizione alla facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, nel 1936 la laurea e poi l’abilitazione professionale a Venezia. Nello stesso anno apre lo studio, con i fratelli Livio e Piergiacomo Castiglioni.

Prestato il servizio militare dal 1939 al 1943, si rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale di Salò ed è costretto a riparare in Svizzera. Dal ’45 riprende la sua attività di architetto, prima con il collega Castiglioni e poi, dal ’46, con proprio studio professionale, in società con i marchesi Porro e i Brizzi.

Milano è disseminata di edifici da lui progettati, come la Casa Caccia Dominioni in piazza S.Ambrogio (1947/50), l’edificio in piazza Carbonari (1960/61), il Palazzo di Santa Maria alla Porta del ’61, il palazzo delle Cartiere Binda (1966). Nel 1967 progetta insieme con Vico Magistratti il complesso residenziale di San Felice, a Segrate, che viene ultimato nel 1975. La Chiesa di S.Biagio a Monza è invece del ’68. A Monaco, ha costruito il grattacielo di Parc Saint Roman.
«Luigi Caccia Dominioni è stato per molti versi il migliore e il più rappresentativo architetto della Milano della ricostruzione – ha detto il sindaco di Milano Giuseppe Sala -. La città gli deve molto e soprattutto il fatto di essere punteggiata dalle sue architetture che hanno stabilito, dagli anni ’50 agli anni ’70, le qualità della sua eleganza. Sulla sua esperienza, Milano deve continuare a costruire se stessa, nel nome della bellezza e della qualità del vivere».

Intensa anche l’attività come designer: dalla lampada da terra Monachella (1953) alla poltrona Catilina (1958), dal piccolo mobile Casaccia (1962), al divano e alla poltrona Toro (1973), fino alla panchina in metallo Monforte (1986).

Nelle sue opere, siano esse grandi edifici, piccoli uffici o oggetti di design, respira una ricerca protesa verso l’espansione dello spazio. «Sono architetto sino in fondo – ha scritto Luigi Caccia Dominioni – e trovo l’urbanistica ovunque… In realtà l’appartamento è una microcittà, con i suoi percorsi, i suoi vincoli, gli spazi sociali e quelli privati».
E ancora: «Mi sono sempre appassionato agli spazi piccoli e ho sempre dato l’anima per farli sembrare più grandi, ad esempio allungando i percorsi, contrariamente a una certa tendenza che tende a ridurli. L’ingresso diretto in soggiorno non lo amo perché non riserva sorprese, mentre il compito dell’architetto, io credo è anche quello di suscitare un succedersi di emozioni… I miei ingressi, le mie scale, persino i mobili sono soluzioni urbanistiche».

LA REPUBBLICA

Morto l’architetto Luigi Caccia Dominioni, l’ultimo dei grandiMorto l’architetto Luigi Caccia Dominioni, l’ultimo dei grandi

Aveva quasi 103 anni: dal rivoluzionario radioricevitore Phonola del 1939 al disegno di piazza San Babila a Milano. Sala: “il migliore e il più rappresentativo architetto della Milano della ricostruzione”

Era nato il 7 dicembre 1913 a Milano, e qui è morto, dove è sempre vissuto. Laureato al Politecnico nel 1936, esordì nel 1939 con il rivoluzionario radioricevitore Phonola (realizzato assieme a Livio e Piergiacomo Castiglioni, con i quali aveva aperto uno studio). Sospese la professione dal 1939 al 1943, a causa del servizio militare prestato in guerra, poi rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò e perciò dovette fuggire in Svizzera.

Finita la guerra riprese in mano il mestiere di architetto, e diventò uno dei protagonisti della grande ricostruzione del dopoguerra. Nel 1947 si dedicò alla produzione di arredi (fondando Azucena) e oggetti di design con l’architetto Ignazio Gardella. Realizzò Casa Caccia Dominioni in piazza S.Ambrogio (la ricostruzione della casa di famiglia andata distrutta durante la guerra), l’edificio in piazza Carbonari (1960/61) il palazzo di Santa Maria alla Porta, nel 1961, e quello delle Cartiere Binda nel 1966.

E ancora: il complesso residenziale a San Felice, assieme a Vico Magistretti, (1967/75); la Chiesa di San Biagio a Monza nel 1968. Nel Principato di Monaco realizzò il grattacielo di Parc Saint Roman. La ristrutturazione interna della Biblioteca e della Pinacoteca Ambrosiana, il ridisegno di una piazza importante di Milano: San Babila, nel 1996.

Di sé diceva: “Io sono un piantista: nel senso che sulla pianta ci sono, ci muoio, sia che si tratti di un palazzo per uffici che di un appartamento di sessanta metri quadri… Sono architetto sino in fondo e trovo l’urbanistica ovunque… In realtà l’appartamento è una microcittà, con i suoi percorsi, i suoi vincoli, gli spazi sociali e quelli privati.

“Mi sono sempre appassionato agli spazi piccoli e ho sempre dato l’anima per farli sembrare più grandi, ad esempio allungando i percorsi, contrariamente a una certa tendenza che tende a ridurli. L’ingresso diretto in soggiorno non lo amo perché non riserva sorprese, mentre il compito dell’architetto, io credo è anche quello di suscitare un succedersi di emozioni… I miei ingressi, le mie scale, persino i mobili sono soluzioni urbanistiche”.

Il funerale si svolgerà martedì 15 novembre alle 11 nella basilica di Sant’Ambrogio, che è proprio accanto alla sua casa di famiglia. Il sindaco Beppe Sala lo ha ricordato così:

“Luigi Caccia Dominioni è stato per molti versi il migliore e il più rappresentativo architetto della Milano della ricostruzione. La città gli deve molto e soprattutto il fatto di essere punteggiata dalle sue architetture che hanno stabilito, dagli anni ’50 agli anni ’70, le qualità della sua eleganza. Sulla sua esperienza, Milano deve continuare a costruire se stessa, nel nome della bellezza e della qualità del vivere”.

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