La festività di San Giuseppe

Abbiamo ricevuto un pensiero sulla festività di San Giuseppe, scritto da Padre Nicola Bordogna, Responsabile delle attività di Pastorale al Leone XIII ed Ex-Alunno. Buona lettura!

Cari papà e care mamme,
La storia siamo noi”.

Scusatemi: non mi veniva in mente un incipit meno inflazionato (da De Gregori a Minoli) per un pensiero per la festa di San Giuseppe.

E’ fin troppo evidente che quanto stiamo vivendo non è paragonabile alle altre epidemie che hanno attraversato la storia del nostro paese: dalla peste, di manzoniana memoria, alla spagnola e al colera, ma assomiglia più a quegli eventi straordinari, nella loro follia, come lo sono stati la prima e la seconda guerra mondiale.

La mia generazione, come qualcuno ha già puntualmente osservato sui quotidiani, non ha attraversato nessun evento epocale di portata mondiale: non è colpa nostra, è andata così.

Siamo nati negli anni settanta: abbiamo vissuto di striscio le vicende del terrorismo. Sempre da spettatori, abbiamo visto la fine della prima repubblica. E il crollo del muro di Berlino per noi è stato per lo più un possibile titolo per il tema di maturità.

Ad un certo punto, ci siamo ritrovati nel mezzo della lotta al terrorismo di matrice islamica. Dopo quell’undici settembre 2001, ci siamo tutti armati fino ai denti contro un nemico quasi invisibile che potevamo sconfiggere solo con “una maggiore potenza di fuoco”, a detta di alcuni.

Rispetto alla generazione dei miei nonni, non ho molto da raccontare ai miei figli, anche perché sono un prete: ma neanche ai ragazzi che incontravo ogni mattina per i corridoi della scuola.

Non ho la possibilità di raccontare loro quelle storie da cui sono nati i grandi sogni del nostro paese. Non ho l’esperienza di chi sa cosa significhi rimboccarsi le maniche per ricostruire una nazione.

E di certo, se mi volto indietro a guardare le foto di Moro, di Falcone e Borsellino vedo solo una distanza incolmabile tra l’ampiezza delle loro visioni ed il mio orizzonte così limitato oggi. Forse è per questo che in queste serate continuo a guardare su YouTube i filmati che li riguardano, nella speranza di riuscire a rubare da loro una parola, un gesto, un’ispirazione: un po’ di forza.

Eppure mi sto rendendo conto che la storia oggi ci sta affidando una responsabilità analoga.

Forse la domanda adesso è prematura, ma comunque io inizio a pormela: “Dopo questa ecatombe, quale mondo consegnare a chi viene dopo? Che tesoro sto capitalizzando da lasciare ai “miei” figli? Che tesoro vorrei che i “miei figli” capitalizzassero per il loro bene di domani e per il bene
dell’umanità?”.

Da una parte ho negli occhi le belle immagini dell’ultima volta che sono andato a fare la spesa al Carrefour, dove in silenzio, tenendosi a distanza con rispetto e dignità, le persone facevano la spesa per loro e per chi non poteva essere lì a farla; e dall’altra, ho ancora troppo vivo il ricordo dell’ultima volta che sono andato a trovare i miei genitori, sabato 7 marzo, attraversando un corso Como, gremito di gente, che forse, non per cattiva volontà, ma, più probabilmente, per esorcizzare il momento, faceva come se niente fosse.

Fenomeni complessi da leggere in sè e ancor più adesso mentre li stiamo vivendo e mentre il silenzio della nostra città è rotto unicamente dal suono delle sirene delle ambulanze.

Sono certo che troveremo le risorse di ricostruire il nostro paese: in fondo in fondo siamo fatti della stessa pasta dei nostri nonni.

Sono certo che ai “nostri” figli sapremo consegnare quel bagaglio di valori che oggi stiamo sperimentando essere la colonna vertebrale delle nostre famiglie.

Sono certo che i nostri figli sapranno costruire un mondo più solidale, in cui sapremo riconoscerci più autenticamente uomini.

Oggi ci viene chiesto il coraggio di essere lì presenti, al loro fianco, in questo isolamento forzato, a guardarli mentre stanno già costruendo il mondo di domani, fatto di quei: “Ciao, Bea!!! Come sta la nonna?”; “Aspetti prof.! Marco ha detto che arriva!”. E ci viene chiesto di non temere di non sapere rispondere alla domanda: “Quando torneremo a scuola?”.

Mia nonna mi raccontava che neanche suo papà, che sapeva tutto, le ha mai saputo rispondere.

Affidiamo, in particolare in questi giorni, le nostre famiglie all’intercessione di San Giuseppe, tanto caro ai nostri nonni.

Padre Nicola Bordogna S.I.

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