Le nostre scuole e la sfida dell’inclusione

Il sito educazione.gesuiti.it ci propone un’interessante analisi degli ultimi dati che ha pubblicato Eduscopio, che vedono ai primi posti i classici di Leone XIII e Massimo (Roma).

(fonte: educazione.gesuiti.it)

Nelle scorse settimane ha avuto parecchia risonanza la pubblicazione dei risultati di Eduscopio sulle scuole più inclusive. Al primo posto tra quelle di Milano e di Roma si sono piazzati i licei classici rispettivamente del nostro Istituto Leone XIII e del nostro Istituto M. Massimo, tanto da parlare di “derby” tra le scuole dei gesuiti in testa alle classifiche delle rispettive città.

Questo risultato è un bel riconoscimento per l’impegno e il lavoro serio e di qualità delle nostre scuole, che ci gratifica e ci onora. Non possiamo ovviamente che essere soddisfatti per il lavoro compiuto e leggere questo risultato come un incentivo a proseguire nel nostro impegno consolidato di una proposta educativa seria, ambiziosa, di qualità, fondata sulla plurisecolare tradizione della Compagnia di Gesù.

Pur rimanendo convinti che questo genere di “classifiche”, nonostante forniscano eventuali spunti di riflessione e di orientamento per alunni e famiglie, possano presentare alcune insidie o prestarsi a ingannevoli interpretazioni, ci fa molto piacere il riconoscimento conferito, anche perché riguarda un aspetto specifico, che Eduscopio ha introdotto ed evidenziato: quello dell’inclusione.

Negli anni, Eduscopio ha indubbiamente fatto enormi progressi nel raffinare le sue metodologie di analisi, cercando di andare a includere e tenere in qualche modo in considerazione anche aspetti complessi e difficili da misurare quali la crescita umana e culturale dei ragazzi, la ricchezza dei loro percorsi di maturazione, la valorizzazione e presa di consapevolezza dei propri talenti, ecc…

Il concetto di inclusione è fondamentale per una scuola, ma anch’esso va inteso in modo serio per evitare il rischio di distorsioni ed errate interpretazioni. E’ molto positivo che l’aspetto dell’inclusione venga inserito quale elemento potenzialmente determinante e cruciale per la qualità di un processo educativo. Da sempre, infatti, le nostre scuole hanno posto l’inclusione al centro dei propri programmi educativi. Si potrebbe affermare che il concetto di “inclusione” (seppure non etichettato con questo termine moderno) è uno dei pilastri originari della pedagogia della Compagnia di Gesù. Anche la normativa italiana ha esplicitato negli ultimi anni questa priorità (passando dal concetto di “integrazione” a quello di “inclusione”).

Occorre però chiarire bene che cosa si intende per “inclusione”. Questo concetto, nella nostra accezione, va infatti ben al di là del semplice “successo scolastico o universitario”. “Inclusione” è un processo continuo attraverso il quale la scuola diventa un ambiente educativo e di crescita in grado di rispondere adeguatamente ai bisogni e alle necessità di crescita di ciascuno studente.

Negli ultimi anni (anche se l’intuizione originaria è plurisecolare e l’espressione fu già coniugata decenni fa dal Padre Arrupe) nelle scuole dei Gesuiti abbiamo utilizzato le cosiddette 4C (uomini e donne “Committed, Compassionate, of Conscience and Competent”) per sintetizzare la visione di una formazione e crescita integrale della persona, una formazione inclusiva, che valorizzi le specificità e i “talenti” di ciascun singolo studente.

Lo stesso concetto di “eccellenza“, fondamentale per la pedagogia ignaziana, non si riferisce a una “prevaricazione” o a una “distinzione” sugli altri, bensì ad una piena e completa realizzazione di sé, delle potenzialità di ciascuno studente, che viene guidato e accompagnato a scoprire, promuovere e mettere a frutto tutte le sue qualità, trovando un posto nella sua vita e mettendosi al servizio degli altri per il bene comune. Questo è il vero concetto di “inclusione”, ambizioso, ricco, sfidante e difficile da misurare.

Nelle nostre scuole, quindi, con risultati di alto livello, cerchiamo ogni giorno di costruire e portare avanti questo modello educativo, raccogliendo la tradizione che ci caratterizza, forti della spiritualità che viviamo e con uno “sguardo lontano” aperto sul futuro.

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